mercoledì 6 ottobre 2010

Quei CAPITANI CORAGGIOSI di trent'anni fa

Poi, quando arriva il mese d'ottobre, il sabato e la domenica sono poche barche che si muovono da dentro al porto. I pescatori non lavorano e si preparano per il lunedì, si dice che i pesci lo sentono, e così entrano nella marina le anguille di fiume, per stare un po' più nell’acqua salata, a volte si possono anche vedere e poi cefali e saraghi sono più distratti e rilassati. Un po' prima del tramonto andiamo dietro la Chiaia, ma sulla seconda spiaggia, quella piccola e tiriamo la rete.
 Siamo sempre io e David, perché nessuno vuole venire. David prende la barca, quella piccola di plastica, carichiamo la rete, io resto sulla spiaggia, imposto ben stretti i piedi nella rena e tengo un capo della fune. Lui fa il giro a remi e posa la rete nell’acqua, che in questa stagione, a quest'ora è calmissima, che sembra un'enorme lastra di vetro tra il grigio e l’azzurro. La barchetta di plastica è una gioia vederla muoversi con questa calma, fa una bella onda, piccola e vivace, che va parecchio lontano e si allarga sulla Chiaia fino a che non scompare. David non si bagna mai, lui basta che si gira in su i pantaloni fino ai ginocchi, poi è apposto. . . come fa? non lo so? Io, io mi faccio sempre tutto bagnato, sporco e puzzo sempre di pesce.
 Alla gente di quaggiù non piace più a nessuno di tirare la rete. Dicono che si fatica a vacante, che non si prende nulla. A loro piace di sparare i botti a' mmare. Prendono il largo con un motoscafo o con un gozzo a motore, lanciano in acqua due o tre botti, questi, arrivati sul fondo scoppiano. Dopo un minuto sale a galla una scena triste e squallida di pesci massacrati, storditi. Anche carcasse di granchi felloni. Ammazzano quelli buoni e quelli non buoni. Con i botti muore tutto, tutto quello che c'è, non si salva nessuno. L’acqua, con la sabbia melmosa sale e diventa subito nera e puzzolente. Con i botti non c’è sfizio, i pesci non sanno neanche di che cosa muoiono. Accade tutto in un attimo, tutto finisce, e nel mare, sopra e sotto non resta niente, neanche un’alga resta viva. David dice che questo non è pescare, è far male al mare e basta! Purtroppo non ci può fare niente nessuno, perché quaggiù, quasi tutti usano i botti. Dopo gli spari , anche se è d'estate, il mare prende i colori e le onde dell’invernata, si arrabbia, si fa brutto.
 Le reti. Sotto il sole hanno l’odore del mare secco. E’ un odore amalgamato, di sale, di alghe, di spago e di fatica.
 Le teniamo sulla banchina davanti al bar, poi, d’inverno le depositiamo nelle grotte. Le ritiriamo fuori verso marzo, e prima di calarle in acqua le facciamo mettere sempre a posto da don Vicienzo, il più vecchio dei Brigante. Lui tiene una pazienza unica, si siede lì… ed in una settimana te le fa uscire nuove. Ha degli aghi antichissimi tutti rugginosi, si sbraccia la camicia pesante, lascia intravedere la maglia di lana a maniche lunghe, si mette gli occhiali a culo di bottiglia e con movimenti agili, veloci ed eleganti le risistema. Si arrotola un capo intorno al piede, con un braccio la tesa e con una mano e l’aiuto dei denti taglia e cuce. Si ferma solo per prendersi un sorso di caffè, che verso le undici, gli porta donna Amalia.
 È pensionato don Vicienzo, è vecchio assai, ma di mare, ci capisce più di tutti. L’anno scorso c’è stata una forte mareggiata, il dodici di dicembre (e chi se la scorda!), che ha fatto piangere parecchie famiglie. Lui l’aveva intuito già da qualche giorno ed aveva invitato tutti a tirare le barche in secca, aveva detto: ''stu male tiempo nun me piace, saglimm e vuzz'' (1), ma in pochi gli avevano dato retta oltre David. …Dopo qualche giorno tutta la marina era stata svegliata all’alba dal rumore delle onde ingombranti e spaventose che arrivavano fino ai vicoli e del legno che si fracassa contro gli scogli, mentre una tempesta di mare rendeva il porto un cimitero di barche. Venne anche la televisione per fare il telegiornale. Nei giorni che seguirono, nel silenzio che regnava al porto, non disse mai una parola su quel disastro che aveva provato ad evitare. Non si fece bello della sua esperienza, anzi andava dicendo, che chi aveva salvato il gozzo era stato solo fortunato.
 Quando ha finito i rattoppi don Vincenzo, bilancia la rete con i galleggianti ed i piombi. Poi, la prima pescata se la deve fare sempre lui, da solo, dice per provarla, non si porta mai a nessuno. Aspetta la prima giornata di sole, si mette il cappello di lana, si prende il Sant’ Antonio, un gozzetto con entrobordo, e se ne va a largo dietro la punta di San Rocco. Lo riconosciamo subito quando torna, sempre carico di pesce, perché canta, canta ad alta voce, arriva sempre prima la voce e poi vediamo la barca rientrare.
 Stasera abbiamo fatto spugnare qualche tozzo di pane col formaggio, ci siamo fatti un giretto nella Chiaia e lo abbiamo lasciato sull’acqua, sabato scorso ha funzionato. Mentre aspettiamo ci stanno raggiungendo anche Michele mio fratello e Michele mio cugino. Io sono contentissimo, così se loro tengono un capo della rete, io posso andare sulla barca. Gli faccio segno di sbrigarsi che siamo pronti.
 Davide invece, decide che andiamo sulla barca io e mio cugino.
 Velocemente ci spiega fino a dove dobbiamo arrivare e quanta rete dobbiamo mettere sull’acqua e che il remo va calato in acqua di taglio e lentamente, perché sotto i pesci non devono capire cosa stiamo facendo.
 A bordo ci sono due paia di stivali da pescatore, di almeno dieci taglie più grandi di noi, li vediamo, ci guardiamo e li infiliamo in un attimo. Subito al largo della Chiaia, dopo pochi metri il mare è profondo, non si vede il fondale, e inizia una misteriosa guerra, un agguato. Ora si vedrà chi è più furbo, più forte, il più intelligente.
 Michele voga, segue benissimo le istruzioni. Io con la destra tiro la matassa e con la sinistra faccio scivolare la rete. Mi accorgo ora che parliamo con il tono basso, come se non volessimo farci sentire dai pesci, Michele mi sta dicendo che è parecchio tempo che non si mangia una zuppa di pesce, gli faccio segno di non alzare la voce. Mio fratello e David, li vedo, sono pronti, non vedono l’ora. Si sputano sui palmi e li sfregano, intanto che già fanno leva sulle gambe. Stiamo quasi arrivando a riva che Michele fa segno, fa roteare il braccio per indicare le anguille che ha visto e David apre e chiude il pugno per farci sbrigare. Arriviamo, saltiamo, i due Michele tengono la rete e noi spingiamo velocemente la barca fuori dal cerchio.
…Tiriamo la rete.
David ci dà il tempo. Aehohoh, aehohoh!
Le gambe sono zavorrate nella sabbia scura, che non si vedono più i piedi, il culo e la schiena tirano indietro. La forza dei bracci ti dà un dolore sul collo.
 Intanto che ci tiriamo il mare sulla spiaggia, qualche passo in avanti lui ce lo strappa.
 I piedi sudati mi scivolano nella punta degli stivali. La rete ci striscia le cosce e si arrotola sul nero della sabbia lavica. È iniziata la guerra vera, si sono accorti della trappola mortale e cominciano a schizzare fuori dal cerchio, una volta oltre li vediamo volare sull’acqua velocemente. David aumenta il tempo, va sempre più veloce, siamo più tesi noi che loro.
 Non mi sento più le gambe… solo tremore e dolore nei polpacci. Mollo. Cado in acqua. Il mare mi tira. Con un braccio tengo la rete, con l’altro mi aggrappo alla coscia di David. Non voglio lasciare, ma sono stremato. Mi rialzo, tiro forte la rete che mi taglio le mani, gli strappi che diamo ci schizzano, il freddo dell’acqua mi fa ritornare forte, intanto che ancora aumentiamo il ritmo. Aehohoh, aehohoh!
La rete sta diventando leggera, ce l’abbiamo fatta, … e quanti ne sono! Faccio segno a Michele di prendere le sporte.
Bravo! Le bagna prima un po' a' mmare.
 Intanto che abbiamo quasi finito entro in acqua, tanto sono già bagnato, e prendo la rete da dietro, alzo i galleggianti, così nessuno può scappare più, loro tre sbracciano gli ultimi fiati velocissimi.
È finita.
Facciamo cadere i culi sulla rena appiccicosa, senza lasciare la rete, e senza lasciare gli occhi da lei.
È una festa. È una festa tutta d’argento.
Sono tanti che non si capisce che sono. Schizzano sulla riva tutti piegati su sé stessi, non stanno un attimo fermi, saltano anche dalle nostre mani e vanno verso il mare, tengono l’occhio vivo e ben aperto… Riempiamo le sporte.
David, quelli grandi, luccicanti, vispi, sia se sono anguille, capitoni, saraghi, cefali o sarde, li ributta a mare, perché sono incinte ed hanno le uova… lo guardiamo.
 ''Quello che lasci, quello ci trovi '', dice.
 '' Non andiamo mai a casa con un pesce grande'', fa Michele.
 ''Ecco, appunto'', risponde lui, ''da grande capirai. Portate la vostra parte alle vostre mamme e, se stasera volete, siete invitati a casa mia, ci facciamo una zuppa di mazzoni e cipolle ed una magnifica frittura di fragaglie''.
Io …come al solito sono tutto sporco e bagnato, ed intanto è tramontato il sole, e non so come fare asciugare i panni.
Mo che mi vede mia madre….



(1) Questo maltempo non mi convince, tiriamo i gozzi in secca.

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