mercoledì 13 ottobre 2010

La tradizione

La tradizione. Una delle tante parole che oggi non usiamo più, non che non la usiamo, la evitiamo.
 Evitiamo proprio di averci a che fare. E' vecchia, perchè è già vecchio tutto quello che conosciamo o immaginiamo di conoscere.
 Ci piace più avanguardia, fusion, etnica. Ci piacciono le novità, nella cucina, nell'arte, come nel resto, ci piace sperimentare credendo di osare, mentendo a noi stessi, perchè sappiamo benissimo che non osiamo affatto, sperimantiamo ciò che sappiamo in precedenza, già è fatto per il nostro gusto.
 Io credo che la tradizione invece, sia un serbatoio enorme di sapienza, conoscenza, cultura, storia, dove si confrontano volentieri modi e modalità che vivono in essa.
 Mi sembra, che la vera avanguardia oggi in cucina, sia provare a realizzare una ricetta, fedelmente, come si faceva cento anni fa. E non cuocere a basse temperature per otto ore, come fanno tanti cuochi, con una riproduzione batterica elevata all'ennesima potenza.
La tradizione, non la impari ai corsi del Gambero Rosso o a quelli di Slow Food, là non te la possono insegnare. La devi ereditare. Devi andare a bottega dalle nonne, che so... dalle zie, dalla vicina di casa, è lì  inizia e parte la tradizione. Perchè anche se vecchia, la tradizione, è comunque sapiente, ed è a chilometro zero, nasce sullo stesso territorio dove si consuma. I suoi prodotti non viaggiano, non si esportano.
Due sere fa avevo un ospite di riguardo, Giulietta, la mia ex fidanzata, viviamo insieme da due anni, con cui ho avuto uno splendido Basilico. Ho preparato una zuppa di pesce. Così mi sono ricordato della donna da cui ho ereditato la ricetta, era nata nel 1909, che per spiegarmi che i pesci hanno cotture diverse mi diceva: a treglia è tenera, comm'a cali accussì e stutà ( la triglia ha una carne tenera, va per ultima, cuoce in un istante).

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