martedì 19 luglio 2011

corpo celeste

Un film antropologico. 
Corpo celeste è la storia di una famiglia, tutta al femminile, che torna a casa in Calabria dopo dieci anni di Svizzera. Ma soprattutto è il racconto di crescita di Marta, 13 anni, del suo sguardo curioso, straniero e smarrito sui riti di una comunità fatta di grandi che ha perso ogni ragione per stare insieme. Non ha più identità o appartenenza e ne cerca il surrogato tappezzato di simboli in un vuoto conformismo colorato di qualcosa che assomiglia alla religione. 
La ragazzina scopre  attraverso un corso di catechismo, improntato ai più moderni luoghi comuni televisivi, il mondo di certi riti cattolici diffusi soprattutto nel sud Italia. 
 Non è un un film contro la Chiesa o contro la religione. Semmai è un film contro la vera religione dell'Italia contemporanea, l'appiattimento che ha generato il conformismo televisivo e l'opportunismo politico, che sono la negazione stessa di ogni tipo di spiritualità. 
 Non a caso uno dei pochi personaggi positivi della storia è il prete di un villaggio disabitato, che spiega a Marta l'arrabbiatura e la follia di Gesù, il genio più anticonformista  della nostra storia. La questione è che ormai si scambiano, si possono scambiare i fatti per satira e il racconto nudo per intenzione caricaturale. In questo la regista è favorita dall'esperienza di documentarista. 
 Le scene e i personaggi più surreali del film sono in realtà i più vicini alla realtà, ci sembra di conoscerli meglio. 
 Il prete di parrocchia che fa il galoppino politico per ottenere una promozione. La catechista che s'ispira ai quiz televisivi (Chi vuol esser miliardario) per "vendere" ai ragazzi un cattolicesimo confezionato da lei stessa. Bambine che danzano in parrocchia come se stessero in un programma televisivo delle otto di sera. Si vedono ponti che collegano il niente al nulla, tangenziali inutili, i corpi di case mai terminate, i ruscelli trasformati in discariche tossiche. Questa è l'Italia che appare allo sguardo di un'adolescente cresciuta in Svizzera e lo è anche agli occhi di certi adulti che non amano dimenticare. 
 Un paese che non ha più il suo Dio, la propria identità, e va a cercarsi una ragione di stare insieme davanti a uno schermo televisivo, intonando canzoncine e slogan dementi ma alla moda (Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta). 
 Un bellissimo film intelligente e civile, che spero veda il Presidente Napolitano, visto che se ne va va in giro per l'Italia a dire che l'Italia è una e deve essere unita. Certo è ambientato alla periferia di Reggio Calabria, ma quelli sempre italiani sono.         
 Un piccolo film che mi è sembrato un gioiello.

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