martedì 31 agosto 2010

Ma a quest'ora il pagliaccio sarà partito...

Stamattina Franceschini al Gr3, ore 8,45, si trova ancora in podcast, testuali parole: ''è inimmaginabile... in qualsiasi paese normale, anche governato dalla destra, offrirsi come show, trovando 500 hostess pagate, che devono fare finta di convertirsi all'Islam, è una vergogna per il nostro paese''.
Franceschini, dì qualcosa di sinistra. Dì qualcosa. Dì qualcosa, non necessariamente contro la destra, che quella di Aznar, Chirac e la Thatcher erano assai meglio del tuo PD.

lunedì 30 agosto 2010

Ma che confidenza si prende questo capoterrorista capriccioso anni ottanta

Gheddafi, un circo che ci umilia

Nessun'altra diplomazia occidentale tollera e incoraggia gli eccessi pittoreschi di un dittatorello e degrada la propria capitale a circo. Ci dispiace anche per il presidente del Consiglio, la cui maschera italiana si sovrappone ormai a quella libica, indistinguibili nel pittoresco, nell'eccesso, nella vanità, nel farsi soggiogare dalle donne che pensano di dominare.
di FRANCESCO MERLO

Anche ieri c'era il picchetto in alta uniforme ai piedi della scaletta dalla quale sono scese due amazzoni nerborute e in mezzo a loro, come nell'avanspettacolo, l'omino tozzo e inadeguato, la caricatura del feroce Saladino. Scortato appunto da massaie rurali nel ruolo di mammifere in assetto di guerra. E va bene che alla fine ci si abitua a tutto, anche alla pagliacciata islamico-beduina che Gheddafi mette in scena ogni volta che viene a Roma, ma ancora ci umilia e davvero ci fa soffrire vedere quel reparto d'onore e sentire quelle fanfare patriottiche e osservare il nostro povero ministro degli Esteri ridotto al ruolo del servo di scena che si aggira tra le quinte, pronto ad aggiustare i pennacchi ai cavalli berberi o a slacciare un bottone alle pettorute o a dare l'ultimo tocco di brillantina al primo attore.
È vero che ormai Roma, specie quella sonnolente di fine estate, accoglie Gheddafi come uno spettacolo del Sistina, con i trecento puledri che sembrano selezionati da Garinei e Giovannini, la tenda, la grottesca auto bianca, le divise che ricordano i vigili urbani azzimati a festa, e tutta la solita paccottiglia sempre uguale e sempre più noiosa ma, proprio perché ripetuta e consacrata, sempre più umiliante per il Paese, per i nostri carabinieri, per le istituzioni e per le grandi aziende, private e pubbliche, che pur legittimamente vogliono fare i loro affari con la Libia.
Nessun'altra diplomazia occidentale tollera e incoraggia gli eccessi pittoreschi di un dittatorello e degrada la propria capitale a circo. Ci dispiace
- e lo diciamo sinceramente - anche per il presidente del Consiglio, la cui maschera italiana si sovrappone ormai a quella libica, indistinguibili nel pittoresco, nell'eccesso, nella vanità, nel vagheggiare l'epica dell'immortalità, nel farsi soggiogare dalle donne che pensano di dominare.
Di nuovo ieri Gheddafi si è esibito davanti a 500 ragazze, reclutate da un'agenzia di hostess, che hanno ascoltato i suoi gorgoglii gutturali tradotti da un interprete, le solite banalità sulla teologia e sulla libertà delle donne in Libia, il Corano regalato proprio come Berlusconi regala "L'amore vince sempre sull'odio", quel libro agiografico e sepolcrale edito da Mondadori. È fuffa senza interesse anche per gli islamici ma è roba confezionata per andare in onda nella televisione di Tripoli. Il capotribù vuol far credere alla sua gente di avere sedotto, nientemeno, le donne italiane e di averle folgorate recitando il messaggio del profeta. Addirittura, con la regia dell'amico Berlusconi, tre di queste donne ieri si sono subito convertite, a gloria della mascolinità petrolchimica libica: "Italiane, convertitevi. Venite a Tripoli e sposate i miei uomini". E di nuovo ci mortifica tutta questa organizzazione, il cerimoniale approntato dalla nostra diplomazia, con Gheddafi serio ed assorto che suggella la fulminea conversione di tre italiane libere e belle: un gesto di compunzione, gli occhi chiusi per un attimo, il capo piegato come un officiante sul calice. "L'Islam deve diventare la religione di tutta l'Europa" ha osato dire nella capitale del cattolicesimo, mentre l'Europa (con l'America) si mobilita per salvare la vita di una donna che rischia la lapidazione per avere fatto un figlio fuori dal matrimonio. Certo, l'Islam non è tutto fanatismo ma nello sguardo di Gheddafi c'è condensata la sua lunga vita di dittatore, di stratega del terrorismo, di tiranno che dal 1° settembre del 1969 opprime il suo popolo.
Ebbene, è a lui che oggi Berlusconi di nuovo bacerà la mano, come ha già fatto a Tripoli. Berlusconi, lasciandosi andare con i suoi amici fidati, ha più volte detto di invidiare Muammar perché comanda e non ha lacci, non combatte con il giornalismo del proprio paese, non ha bisogno di fare leggi ad personam ma gli basta un solo editto tribale, non ha né Fini né Napolitano, non ha neppure bisogno di pagare le donne... È vero che gli esperti di Orientalistica sostengono che la tribù in Libia è matriarcale e che dunque la moglie di Gheddafi sarebbe la generalessa del colonnello, ma questo Berlusconi non lo sa, la sua Orientalistica è ferma a quella dell'avanspettacolo, al revival di Petrolini: "Vieni con Abdul che ti faccio vedere il tukul".
E infatti ogni volta che Berlusconi va a Tripoli Gheddafi fa di tutto per stupirlo con gli effetti speciali del potere assoluto, gli fa indossare la galabìa e lo fa assistere alle parate militari delle amazzoni, organizza il caravanserraglio di Mercedes piene di farina, orzo e datteri da distribuire agli affamati recitando il ruolo del salvatore, proprio come Berlusconi all'Aquila... E ha pure imposto nei passaporti libici la foto di Berlusconi. Se lo porta nel deserto di notte per mostrargli la magia del freddo glaciale, tutti e due ad aspettare l'alba e il sole che torni ad arroventare la tenda. E ogni volta alla tv libica il viso di Berlusconi diventa in dissolvenza il viso di Gheddafi, e va in onda Berlusconi contrito nel museo degli orrori commessi dagli italiani, e c'è sempre il solito Frattini accovacciato fuori dalla tenda ad aspettare, aspettare, aspettare. E poi il tramonto, la luna...
Gheddafi a Roma fa quello che vuole non soltanto in cambio delle galere e dei campi di concentramento dove la polizia libica trattiene gli africani che vorrebbero fuggire verso l'Italia, e non solo perché i due fanno affari privati, come da tempo sospetta la stampa internazionale, e ora anche italiana. Il punto è che Berlusconi gli mette a disposizione tutto quello di cui ha bisogno l'eccentricità beduina perché con Gheddafi ha un patto antropologico. È una somiglianza tra capi che la storia conosce già, sono identità che finiscono con il confondersi: Trujllo e Franco, Pinochet e Videla, Ceausescu ed Enver Hoxha, Pol Pot e Kim il Sung... Non è l'ideologia a renderli somiglianti ma l'idea del potere, quello stesso che oggi lega Berlusconi e Gheddafi, Berlusconi e Chavez, Berlusconi e Putin. Ecco cosa offende e degrada l'Italia: l'Asse internazionale della Satrapia.
(30 agosto 2010)

E poi

E poi a Roma a disfare le valige, fare lavatrici, riporre le scarpe nello sgabuzzino, ricordarsi che la montagna è stata una bella scoperta e che tra due giorni è già settembre.
E poi fine

domenica 29 agosto 2010

E poi

E poi partire, ritornare a casa, così semplicemente. Fermarsi nelle Marche, da mio fratello Emilio, cenare da Moreno Cedroni, che mica ci convinti tanto lui, noi sì che ci siamo convinti, belle e simpatiche chiacchiere, vino bianco e ricciola cruda, che Susan non ha assagiato che è incinta di un figlio maschio e che quando Emilio ha saputo che era maschio all'inizio ci è rimasto un po' male, voleva la seconda femmina.
E poi il giorno dopo ripartire per Roma, prendere un caffè per salutarci di fronte a questa spiaggia e sentirsi fortunato di non esserci capitato proprio a ferragosto, troppo vicina ai Karaoke, l'odore delle creme abbronzanti, la bira ed il calippo.
E poi dopo, in autogrill, incontrare, così casualmente, cinque ragazzi musicisti, i http://www.gattamolesta.it/, scambiarci poche amabili e cortesi parole e prendere in dono due loro dischi bellissimi.

E poi

E poi risalire la montagna con la mia capobanda e sua sorella, salutarci in vetta (2531) e proseguire da solo, senza incontrare mai nessuno per cinque ore. Per compagni solo un venticello immaginario, che fa un silenzio che ti assorda e le rocce che ti ricordano la luna.
Ecco, questo mi resterà intorno per parecchio tempo.


mercoledì 25 agosto 2010

Shoes

E sì, quassù sono importanti le scarpe.
Certo, proprio non potevo andare con le adidas anni settanta.

lunedì 23 agosto 2010

La fantasia della gente, e pure degli animali.



Questo posto si chiama: ''il Parlamento delle marmotte''.
Però, che bello che deve essere, andarci a discutere le leggi del bosco la mattina.

mercoledì 18 agosto 2010

K

Proprio ieri stavo pensando a lui. Avevo visto una sua foto esposta in un albergo a Perca, dove tra l'altro la proprietaria fa degli ottimi dolci. Era ripreso in sedia a sdraio, di fronte ad una splendida valle, che prendeva il sole e sorseggiava un caffè. Si vede che faceva le vacanze in quel luogo. La foto, solo lui, è esposta nell'antibagno del bar.
Allora mi ero ricordato quando sui muri di alcune città italiane, negli anni settanta, il suo cognome si scriveva con la K e non con la C.
Di come si era contraddistinto per incompetenza da Ministro dell'Interno durante il sequestro Moro, fino al punto che era stato premiato con la nomina a Presidente della Repubblica.


martedì 17 agosto 2010

Ciao come stai?

Oggi, arrivati stanchi ad un rifugio che sta bello alto, stiamo per prenderci una birra, quando il proprietario un bel sessantenne, fa a Matteo: ''ciao, bentornato, come stai?''
Matteo accenna appena una risposta, che lui lo interrompe e si risponde da solo: ''se sei quassù e ci sei venuto a piedi, vuol dire che stai benissimo è inutile che mi rispondi''.
Matteo ha sorriso compiacente.
Io pure.

Stella Alpina

Mi ha raccontato Franz, il salumiere qua sotto, che un tempo le donne a San Vigilio si corteggiavano con la Stella Alpina.
Prima dovevi coglierla, non è poi così facile vederla, cresce a oltre duemila metri, (ogni tanto qualche bel giovane cadeva pure pur di trovarla). Poi la consegnavi all'amata, fidanzata, di sera, dopo che eri salito alla finestra o al balcone, con la scala a pioli, di nascosto dai genitori di lei, non si corteggiava alla luce del sole.
La portavi sul cappello e gliela porgevi.
Da questo gesto, qualsiasi amante, corteggiatore o fidanzato degno di queste parole, non poteva assolutamente esimersi.
Ecco, io ieri ne ho trovata una, a duemila e quattrocento metri.
La porgo alla mia amata m/m, come un corteggiatore dell'epoca in cui ci si amava di nascosto da tutti.
Così semplicemente.

Dolomitando un po' più su

Ieri Livia, il mio capobanda, mi ha guidato fin quassù, ho potuto guardare le vette delle montagne faccia a faccia, direi quasi negli occhi. E pure sei sempre solo, loro non ti fanno nessuna compagnia.
Le montagne sono come la vita, devi sempre togliere, mai aggiungere.
Passi la vita a togliere i giorni, e scali le montagne togliendo i passi.

Dolomitando ancora

La verità è che anche qui è tutto uguale agli altri luoghi.
Ci sono le cose, il loro opposto ed il loro ritmo, ci sono poi i colori con il loro movimento.
Se c'è una roccia, poi c'è un prato,
se c'è una montagna, poi una valle,
se c'è la pioggia, poi il sole e pure i funghi,
se c'e il verde degli alberi, c'è poi il rosa delle albe e l'arancio dei tramonti,
se poi alla sera è freddo, a mezzogiorno è pure caldo.
Esattamente come le stagioni dell'anno, che vanno e vengono sempre a scadenze fisse, ma ogni volta ti emozionano di nuovo.


giovedì 12 agosto 2010

Dolomitando

Io che amo dormire e sognare. Il suono dell'orologio del municipio mi risveglia dai miei pensieri notturni.
Mi piace, quassù, non star da solo di notte. E mi da felicità sentire il respiro ed il battito del cuore di chi dorme al mio fianco.
Da quassù, dove non è possibile scappare da se stessi. In ogni momento ti vedi riflesso dappertutto.

venerdì 6 agosto 2010

Un pomeriggio in un giardino di Torino




Bono ha raccontato a Roberto Saviano che per combattere la delegittimazione ci vuole un alto senso dello humor: ''devi ridere'' gli ha detto. E per spiegarglielo gli ha ricordato che una delle più efficaci forme contro il nazismo ed il fascismo negli anni trenta; erano i dadaisti, con il loro senso di umorismo. Che usavano come arma. ''Sai, i fascisti e i nazisti avevano tutte queste uniformi fantastiche, molto machiste. Come una sfilata di moda. Mentre i dadaisti è come se avessero levato loro i pantaloni e gli avessero messo il pisello all'aria. E mentre i nazisti combattevano tutti con manganelli, galera e repressione, non riuscivano a combattere lo humor. Impossibile, non c'è arma''.
Poi quando lo ha abbracciato per salutarlo, gli ha detto: '' sei invitato al concerto, mi raccomando''.
Saviano gli ha risposto: ''la vedo difficile''.
''No ma non questo, tu sei invitato anche ai prossimi''.
''Quali?''
''Tutti i nostri prossimi concerti per tutta la vita.''
A Saviano è sembrato un augurio bellissimo e non ha trovato altre parole che un semplice, thanks.


lunedì 2 agosto 2010

Piccole storie di un ventennio


Chi era Kiki de Montparnasse? Una donna che poteva diventare una prostituta da pochi franchi a notte, riuscì invece ad imprimere ad un'epoca un connotato di vitalità, di spensierata allegria, di impudicizia spinta fino alle più sbalorditiva sfacciataggine.
Il suo diario inizia così: ''Sono nata il 2 ottobre 1901 in Borgogna ... Eravamo sei piccoli figli dell'amore: i nostri signori padri avevano dimenticato di riconoscerci''.
La sua vita è costellata da aneddoti, ce ne sono due che riguardano la sua vocazione esibizionistica, ma ne descrivono bene anvche il temperamento.
Quando Montparnasse diventò un quartiere di moda, cominciò anche l'affollamento di curiosi e turisti, e chiunque poteva distinguere un abitué da un visitatore occasionale. Poteva accadere allora che Kiki avvistata una famigliola molto per bene, molto borghese e domandasse: ''posso fare qualcosa per questi bravi signori?'' E, girandosi di schiena, di colpo sollevasse la gonna scoprendo il suo bellissimo posteriore.
In un'occasione quest'esibizione si colorò diversamente. Un giorno arriva alla ''Rotonde'' una giovane donna in lacrime: Kiki viene a sapere che le è appena morto un figlio e non ha nemmeno i soldi per pagare il funerale. Come niente fosse, entra nel vicino ristorante e comincia il giro dei clienti: davanti a ogni tavolo solleva la gonna, fa vedere la gattina e chiede due o tre franchi per lo spettacolo. Quando torna al caffè ha un cappello pieno di denaro che rovescia sul banco: ''Qui ce n'è per pagare il funerale'' dice ''e anche per comprarti un vestito''.
Kiki sarà poi immortalata da Kisling, Soutine, Foujita, Modigliani, Calder, Utrillo e Léger. Ma oltre a essere la musa e il fulcro di quella mitica epoca, Kiki è soprattutto una delle prime donne emancipate del secolo. E oltre che per la sua bellezza e la sua indipendenza sessuale e sentimentale, si impone soprattutto per la libertà del suo pensiero e la schiettezza delle sue parole.
Musa ispiratice di Man Ray, che nel suo libro ''Self-portait'', ne ricorda così il primo incontro:
''lei cominciò a spogliarsi mentre io restavo seduto sul bordo del letto con la macchina fotografica davanti. Quando uscì da dietro lo schermo, le feci segno di avvicinarsi e di sedermi accanto. La cinsi con un braccio, lei fece lo stesso con me; le nostre labbra si incontrarono e ci lasciammo cadere. Quel pomeriggio non facemmo nemmeno uno scatto''.
E dire che Kiki, nel suo diario, aveva parlato di lui in questi termini: ''Ho cosciuto un americano che scatta delle foto niente male. Sono diventata la sua modella. Ha un accento che mi diverte e l'aria di una persona misteriosa. Mi dice sempre: ''Kiki non guardarmi così. Voi mi turbi.

Tratto da ''I segreti di Parigi'' di Corrado Augias.



domenica 1 agosto 2010

Suso


''La vita non ha senso se non si ride almeno una volta al giorno''.