Qualche volta al ritorno da Marina della Lobra ci fermiamo al pastificio Setaro, l'ultimo pastificio rimasto a Torre Annunziata.
I tre fratelli Setaro che lavorano nell'azienda di famiglia sono ormai alla terza generazione, hanno grande dedizione al lavoro , una bella passione e se non stanno storti o troppo indaffarati sono pure simpatici.
Mi racconta Vincenzo, il più grande dei fratelli, che la pasta è prodotta con il sessanta per cento di grano italiano e il quaranta tra canadese e australiano, perché una parte dell'impasto deve essere composta da grano fresco. Il mulino che lo fa apposta per loro sta in Puglia.
Le trafile in bronzo hanno cento anni, col tempo sono state aggiornate le macchine ma le trafile sono sempre le stesse, per questo la loro pasta al tatto è ruvida che ricorda certe pietre di mare.
Il massimo della produzione non va oltre i venticinque quintali giornalieri.
Lavorano tutti in catena di montaggio, con gli stessi orari di lavoro, sempre insieme tutti i fratelli e vanno anche in ferie nello stesso tempo, quindici giorni all'anno e basta.
I tre fratelli Setaro che lavorano nell'azienda di famiglia sono ormai alla terza generazione, hanno grande dedizione al lavoro , una bella passione e se non stanno storti o troppo indaffarati sono pure simpatici.
Mi racconta Vincenzo, il più grande dei fratelli, che la pasta è prodotta con il sessanta per cento di grano italiano e il quaranta tra canadese e australiano, perché una parte dell'impasto deve essere composta da grano fresco. Il mulino che lo fa apposta per loro sta in Puglia.
Le trafile in bronzo hanno cento anni, col tempo sono state aggiornate le macchine ma le trafile sono sempre le stesse, per questo la loro pasta al tatto è ruvida che ricorda certe pietre di mare.
Il massimo della produzione non va oltre i venticinque quintali giornalieri.
Lavorano tutti in catena di montaggio, con gli stessi orari di lavoro, sempre insieme tutti i fratelli e vanno anche in ferie nello stesso tempo, quindici giorni all'anno e basta.
Torre Annunziata è stata per cinquant'anni la capitale dell'arte bianca, come la chiamano loro. All'inizio del secolo scorso c'erano una ventina di pastifici, oggi sono gli unici. La città, ormai completamente decadente, è posizionata tra Napoli e Sorrento nella piena rientranza del golfo e con alle spalle il Vesuvio, per questo c'è un bel venticello che viene dal mare che un tempo asciugava bene la pasta stesa per i vicoli. Poi con l'arrivo dei condizionatori negli anni settanta il venticello diminuì e tanti pastifici chiusero i battenti e ci fu anche lì l'affermazione della pasta globalizzata come la Barilla o la Buitoni. Oggi l'essiccazione si fa all'interno del pastificio stesso con i macchinari, ma resta sempre una grande pasta.
Vincenzo mi dice pure che il sistema di suo nonno per non rompere i paccheri era: cuocere in abbondante acqua, cinque litri per kg, non salare e poi calare la pasta, perché il sale fa scendere la temperatura e finisce che la pasta poi resta troppo tempo in ammollo. Quindi quando l'acqua bolle calare direttamente la pasta, coprire e girare dolcemente, solo quando ha raggiunto di nuovo l'ebollizione, salare.
Ieri a mezzogiorno.
Ieri a mezzogiorno.
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